Cast: John Hurt, Anthony Hopkins, Anne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones, Michael Elphick, Hannah Gordon, Helen Ryan, John Standing, Dexter Fletcher, Lesley Dunlop, Claire Davenport, Lydia Lisle, Orla Pederson, Pat Gorman
Paese: Gran Bretagna USA
Sceneggiatura: David Lynch, Christopher De Vore, Eric Bergren
Fotografia: Freddie Francis
Montaggio: Anne V. Coates
Musiche: John Morris
The Elephant Man, il film diretto da David Lynch, è ambientato a Londra nella seconda metà dell’Ottocento e segue la vera storia di Joseph Merrick (John Hurt), un giovane deforme costretto a esibirsi insieme ad altri fenomeni da baraccone in uno show di strada gestito da un uomo malvagio, Bytes (Freddie Jones).
Durante uno di questi spettacoli in giro per la città, il protagonista, soprannominato Uomo elefante a causa della Sindrome di Proteo che gli deturpa il volto, viene notato da un dottore, Frederick Treves (Anthony Hopkins), che lo porta con sé in ospedale per mostrarlo ai colleghi. Per non spaventare le infermiere, Merrick viene messo in isolamento sotto le cure della caposala, Madre Shead (Wendy Hiller), contro il parere del Direttore Carr Gomm (John Gielgud), che non vuole tenere in clinica persone incurabili.
Ma l’Uomo elefante si rivela col tempo una persona sensibile e intelligente, qualità che aveva tenuto nascoste per evitare di essere maltrattato dal suo aguzzino Bytes.
Nel frattempo la storia di Merrick arriva fino alla corte della regina Vittoria, che decide di istituire un fondo monetario per pagargli le cure. Nonostante l’uomo riceva le attenzioni di moltissime persone, tra cui una famosa attrice teatrale, il dottor Treves e Madre Shead si chiedono se non lo stiano trattando ancora come un fenomeno da baraccone.
Quando finalmente arriva la notizia che i fondi per il mantenimento permanente di Merrick sono stati finanziati, l’Uomo elefante viene rapito dal malvagio Bytes, cambiando completamente le sorti del suo destino…
“(…) Questa più o meno la storia dell'”Elephant Man”. Il film non vi aggiunge molto a parte la capacità, l’eccezionale bravura di un gruppo di artisti, decisamente ispirati. Ci voleva infatti una fede per affrontare un soggetto così orribile e non esserne schiacciati. Il miracolo, è, a mio avviso, avvenuto, e consiste in primo luogo nel fare accettare al pubblico il viso, quel che pare un viso, dell'”elephant man”. Pensavo, prima di vederlo, che il mostro sarebbe sempre apparso ammantellato, con la triste fessura nera nel cappuccio al posto dell’occhio, come si vedeva negli annunci pubblicitari, e che solo per brevissimi momenti si sarebbe scoperto. E invece il regista dopo una lunga attesa svela l’orrore e da questo momento non lo toglie più dalla scena, ce lo tiene sempre sotto gli occhi. Vuole che lo si accetti: come accadde in realtà, allora. Sappiamo infatti che John Merrick fu quasi adottato dalla società londinese ebbe visite, fu ospite addirittura della principessa Alessandra. Lo si accetta anche noi, e con uno strazio infinito si finisce per partecipare alla sua sventura, per amarlo, e benché ogni volta i particolari orribili di quella testa ci devastino l’anima, non lo si giudica più, né lo si vorrebbe diverso. (…)”. (Manlio Cancogni, ‘il Giornale’)”(…) In realtà, a cercar di leggere fra le righe di “The Elefant Man”, non è chiaro nemmeno se Lynch approvi o condanni i suoi personaggi apparentemente buoni. Fa bene o male il dottor Treves a risvegliare la coscienza umana del mostro? L’interesse che questi suscita nella società più raffinata è poi molto dissimile dalla curiosità morbosa del popolino? E la fine del povero John che muore soffocato nel proprio letto per aver voluto provare una volta a dormire come la gente normale, senza un cumulo di cuscini a sorreggergli l’elefantiaca testa, non è forse una diretta conseguenza del suo aver tratto esagerata fiducia in se stesso da tante cortesie? Fatto sta che dal film spira un senso di dolciastro, di malsano, di equivoco. Va detto anche, però che la fattura di “The Elephant man” è cinematograficamente eccellente. Il bianco e nero, di Freddie Francis, se evita granghignolesca evidenza all’orrore del protagonista, diffonde l’incubo per tutte le latebre di questa Londra ottocentesca così estenuata e crudele, dai sottintesi richiami dickensiani. Le scenografie di Stuart Craig, i costumi di Patricia Norris, le musiche di JohnMorri, completano di sottili suggestioni il cupo quadro d’ambiente. E intorno all’infelice protagonista, cui John Hurt presta volto e corpo ingabbiati nel trucco mostruoso, si muove, a partire dal segretamente febbricitante Treves di Anthony Hopkins, una piccola folla di personaggi disegnati da adeguatissimi interpreti, quali Anne Bancroft, John Gielgud, Wendy Hiller, Freddie Jones, Hannah Gordon e John Standing”. (Guglielmo Biraghi, ‘Il Messaggero’)”(…) Per nostra buona sorte, Lynch non è né un melenso predicatore né un moralista in vena di contestazione storica Alle prese con una materia molto ricca di spunti critici, sull’ipocrisia, la bestialità delle plebi, i pregiudizi, lo snobismo dei filantropi, la speculazione degli scienziati la santità dei reietti e via sociologizzando, egli si muove soprattutto come uomo di cinema, correggendo l’indignazione con un filo d’ironia e dando al racconto un’andatura spesso affascinante. Contrariamente a quanto si può sospettare, non c’e niente di crudele in questa storia, nel contempo tristissima e tenera. C’e un civilissimo calore, molto affetto per i martiri incolpevoli e un gusto dell’eccentrico che non sconfina mai nel terrorizzante. C’è più Dickens che l’eco di Freaks, il classico film sui mostri di Browning. E ci sono attori di buona stoffa inglese. Mentre John Hurt merita ogni plauso per l’umiltà con cui ha accettato un trucco che lo deturpa e la misura con cui si trasforma da fenomeno di luna-park in vanitoso uomo, di mondo, il dottor Treves ha trovato in Anthony Hopkins un medico d’epoca quasi perfetto.
Il film ha ricevuto otto candidature agli Oscar e quattro nomination ai Golden Globes (1981).
Nel 1982 il film ha ottenuto il Premio César come Miglior film straniero.
Inizialmente la sceneggiatura era stata offerta a Terrence Malick, che rifiutò di dirigere il film. David Lynch, invece, accettò immediatamente.
La pellicola è un adattamento tratto dai libri The Elephant Man and Other Reminiscences di sir Frederick Treves e The Elephant Man: A Study in Human Dignity di Ashley Montagu.
PREMI E RICONOSCIMENTI PER THE ELEPHANT MAN Oscar – 1981
Candidatura miglior film
Candidatura miglior montaggio a Anne V. Coates
Candidatura miglior regista a David Lynch
Candidatura migliore attore protagonista a John Hurt
Candidatura migliore colonna sonora originale a John Morris
Candidatura migliore sceneggiatura non originale a Christopher DeVore, Eric
Bergren, David Lynch
Candidatura migliore scenografia
Candidatura migliori costumi
Golden Globe – 1981
Candidatura miglior film drammatico
Candidatura miglior regista a David Lynch
Candidatura migliore attore in un film drammatico a John Hurt
Candidatura migliore sceneggiatura a Eric Bergren, Christopher De Vore
BAFTA – 1981
Premio miglior film
Premio migliore attore protagonista a John Hurt
Premio migliore scenografia
Candidatura miglior montaggio a Anne V. Coates
Candidatura miglior regista a David Lynch
Candidatura migliore fotografia a Freddie Francis
Candidatura migliore sceneggiatura a Christopher De Vore, Eric Bergren, David Lynch
Venerdì 11 aprile ore 21:00 Sabato 12 aprile ore 15:30 Sabato 12 aprile ore 21:15 Domenica 13 aprile ore 15:30 Domenica 13 aprile ore 18:30
di Paolo Genovese
con Claudio Santamaria, Vittoria Puccini
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