Una famiglia
Giovedì 16 novembre 21.15
Sabato 18 novembre 16.30
con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel
di Sebastiano Riso
con Micaela Ramazzotti, Patrick Bruel, Pippo Delbono, Fortunato Cerlino, Marco Leonardi, Gaetano Bruno, Matilda De Angelis, Sebastian Gimelli Morosin, Ennio Fantastichini, Alessandro Riceci, Manuela Lo Sicco
Roma, oggi. A un primo sguardo Vincent, cinquantenne francese che delle sue origini ha mantenuto soltanto l’accento, e Maria, di una quindicina di anni più giovane, sembrano una coppia simile a tante altre. Quando prendono il metrò, si siedono vicini, abbracciati. Quando tornano a casa, fanno l’amore con passione, legati a doppio filo da un’attrazione reciproca che di solito caratterizza gli esordi di una storia d’amore, e non i rapporti consolidati come il loro. In una quotidianità vissuta prevalentemente al riparo delle mura di casa, anche la presenza di persone esterne sembra non soltanto superflua, ma persino evitata, come se entrambi bastassero all’altro e il resto del mondo non avesse importanza o, addirittura, non esistesse. Eppure, a uno sguardo più attento, è difficile non notare piccoli segni di inquietudine che provengono dalla metà femminile di questa coppia all’apparenza così unita. Maria è troppo vulnerabile, e troppo innamorata, per affermare il proprio malessere. E i suoi tentativi di ribellione, più che indicare una reale volontà di allontanamento dal compagno, assomigliano a richieste d’aiuto quasi disperate rivolte al suo “Vincenzo”, e da lui puntualmente ignorate. Quello che Vincent non sembra capire è che Maria non sta mettendo in discussione il loro rapporto, ma il progetto di vita che finora hanno portato avanti insieme e che, di quell’isolamento dal mondo, è stato ed è tuttora il vero e unico motivo: un progetto spaventoso e segreto che Maria non ha più intenzione di far convivere con il suo amore.
Valutazione Pastorale: Sebastiano Riso, nato a Catania nel 1983, ha esordito con “Più buio di mezzanotte”, 2014. Per questo secondo LM, sceglie un argomento particolarmente duro, scostante, scivoloso, a forte rischio di travisamento. “Non è un film sull’utero in affitto -ha detto Riso nella conferenza stampa seguita alla proiezione alla Mostra di Venezia- semmai si vuole riportare in primo piano il tema dell’adozione, delle molte, troppe difficoltà che la legge frappone per adottare oggi in Italia”. Fatta la scelta del tema e messi a fuoco i due protagonisti, certamente uniti da una forte intesa eppure divisi da un modo di affrontare il problema che li tiene sotto pressione e li allontana, Riso spinge l’acceleratore sui momenti estremi della vicenda: dopo un primo figlio non sopravvissuto, il secondo, destinato ad una coppia omosessuale, sembra poter soddisfare le esigenze dei richiedenti. Eppure anche in questo caso qualcosa non va a buon fine, ma stavolta Maria si ribella. Il nuovo nato non va trattato come i precedenti, non è uno scarto qualunque, Maria fa di tutto per salvarlo e ricominciare da lui. In fondo al tunnel, dove domina la notte più fonda, sembra che possa accendersi una fioca luce di salvezza. Da qui si può e si deve partire per guardare questo cupo film con uno sguardo non di condanna ma di speranza. Il regista non risparmia niente di ciò che potrebbe irritare e allontanare lo spettatore. Ma le tenebre corrono su una Roma sordida e perduta, fotografata con passione dal regista, squallide figure di contorno abbrutiscono il panorama (Stella, il dottor Minerva), quella di Maria è la corsa delle disperazione verso l’ultimo baluardo di sopravvivenza. Non è facile questo film di Riso, probabilmente più facile da dimenticare che metabolizzare, eppure qualcosa di quelle grida strozzate resta in gola: la forza della vita più forte di qualsiasi violenza. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e da affidare a dibattiti.
Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria per un pubblico attento a tematiche difficili e a proposte dure e senza mezzi termini. Sul tema delle adozioni e dell’utero in affitto, vale la prospettiva della rabbia finale di Maria, simbolo della voglia di ribellione di tutte le donne. (Acec.it)
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