La quattordicesima domenica del tempo ordinario, film diretto da Pupi Avati, racconta la storia di Samuele Nascetti e Marzio Barreca (Massimo Lopez e Gabriele Lavia), due quindicenni che nella Bologna degli anni ’70, mentre sono seduti al tavolino di un chiosco di gelati, prendono una decisione: saranno amici per sempre, per tutta la vita. I due sono accomunati dalla passione per la musica e formano un duo, i Leggenda, con il quale iniziano a esibirsi per i vari teatri parrocchiali.
Un giorno, però, Marzio conosce una sua coetanea bellissima di nome Sandra (Camilla Ciraolo), di cui di innamora perdutamente. Il giovane decide di corteggiarla, determinato a farla innamorare di lui, riuscendo inaspettatamente nell’impresa. Nel frattempo i Leggenda migliorano le loro capacità musicali e riscuotono i primi successi, grazie anche alla partecipazione al Festival delle Voci di Castrocaro, nel quale si classificano quarti. Il loro nome inizia a girare e una loro canzone finisce anche in radio. Marzio e Sandra (Gabriele Lavia ed Edwige Fenech) si sposano e nella vita dei tre tutto sembra filare liscio, fino a quando non si abbatte su di loro un vento ostile e contrario, che spazza tutto via…
Nella lunga commedia umana che, film dopo film, Pupi Avati ha composto in oltre mezzo secolo, La quattordicesima domenica del tempo ordinario rappresenta insieme una “summa” e una novità. La narrazione si svolge in un unico luogo e su due diversi assi temporali: la Bologna odierna e quella di trentacinque anni fa. Allorché i fraterni amici Marzio e Samuele decidono di tentare la fortuna nella musica col nome di Leggenda. Frattanto Marzio s’innamora di Sandra, “la più bella ragazza della città “e cerca di farsi notare versandole addosso un frappè. Tutto sembra iniziare sotto i migliori auspici: i due compongono una canzone (di Avati e Sergio Cammariere, sarà il leitmotiv del film), destinata a un eflimero successo; Marzio riesce a ottenere il “si” di Sandra. Il matrimonio si celebra alla data del titolo, nel periodo tra primavera e estate che, secondo il calendario liturgico, è propizio alle nozze. Alternate a questi episodi, le sequenze al presente ci mostrano il progressivo naufragio delle illusioni di gioventù. La carriera musicale sfuma e, mentre Samuele preferisce il posto in banca, un Marzio sempre più dipendente dall’alcol ripete la stessa canzone in locali miserandi. Quel che è peggio, impone la sua ossessiva gelosia a Sandra, che lo lascia. Marzio è una figura di loser, di perdente sintetico che concentra in sé ogni genere di disillusione. Benché le vicende personali di Avati siano state dei successi, la sensazione è che il regista bolognese esorcizzi ciò che avrebbe potuto essere anche la sua vita. La realtà non è mai all’altezza dei sogni; l’amore e l’amicizia paiono destinati a finire. Nei decenni passati la voce narrante suggeriva una dolce nostalgia, ma gari venata di malinconia: ora Avati sembra confrontarsi col rimpianto, raccontando storie di gelosie, di tradimenti, di fallimenti e di ordinaria infelicità che nemmeno il finale può riscattare appieno. Anche in versione dolente, tuttavia, il regista resta all’altezza di sé stesso e il film rappresenta un “pezzo” di pregio della filmografia avatiana. Ci manca un po’ il suo senso dello humour: eccetto nell’episodio in cui Edwige Fenech, scherzando sulle scene-cult dei film sexy anni ’70, non riesce a farsi la doccia.
(Da La Repubblica, 4 maggio 2023 Roberto Nepoti)
Curiosità: “La quattordicesima domenica” è anche il titolo della canzone incisa da “I Leggenda” nel film. Il brano originale è stato scritto dallo stesso regista Pupi Avati e da Sergio Cammariere.